Il Cortile Teresiano
A partire dal 1943 l’ampia area già adibita a sede della Scuola Allievi Ufficiali di Complemento del Genio (Caserma Menabrea) verrà occupata e devastata dalle truppe neonaziste e tedesche; abbandonata definitivamente nel 1945, diventerà nel dopoguerra rifugio per sfollati e senzatetto.
Bisognerà attendere sino al 1951, quando in occasione del Consiglio comunale del 16 marzo l’Università riuscirà finalmente a ottenere dal Comune, per la somma simbolica di 12 milioni di lire, la crociera quattrocentesca dell’ex Ospedale di San Matteo (150 vani confinanti con gli edifici dell’Università fino al muro di ponente del cortile principale) che grazie allo zelo del rettore Plinio Fraccaro tornerà all’antico splendore.
Nell’estate 1952 ha inizio lo sgombero dall’edificio dell’antico nosocomio che “non fu del tutto pacifico”, come asserisce Plinio Fraccaro (Annuario 1952-53), e sarà completato parzialmente nel novembre 1953 con la sistemazione di circa 130 famiglie nelle nuove case popolari costruite dal Comune, mentre altre famiglie, in attesa di ulteriore sistemazione, vengono “accolte nella parte più recente dell’ex ospedale ancora di proprietà del Comune” nell’ala est ottocentesca (Annuario 1953-54). Solo nel 1958 le famiglie verranno destinate alla case popolari nel quartiere Colombarone detto Mascherpa.
Nel contempo, hanno inizio anche i lavori edilizi al complesso ex ospedaliero che viene sottoposto a un meticoloso restauro, sotto la sorveglianza della Sovrintendenza ai monumenti, diretto dall’architetto pavese Emilio Carlo Aschieri che interviene recuperando la facciata su piazza Leonardo da Vinci (Aule del ‘400, Forlanini e di Disegno) con il ripristino della muratura quattrocentesca in cotto e la riapertura delle antiche finestre nella porzione alta del prospetto.
“Nello scorso anno [1952] si sono iniziati i lavori col restauro delle due grandi corsie dell’ex clinica medica, una delle quali destinata ad accogliere l’Istituto di disegno, l’altra già in uso come sala di riunione e di proiezioni. Paziente lavoro richiese il restauro della facciata diretto per conto della Soprintendenza dall’architetto Aschieri: gli elementi ancora conservati della costruzione quattrocentesca furono rimessi in luce e la facciata oggi offre un aspetto soddisfacente. Rimane per il prossimo anno da restaurare il corpo centrale di questo lato, con l’aula dell’ex clinica medica illustrata dall’insegnamento dell’Orsi, del Forlanini e del Ferrata e il retrostante locale ove troverà finalmente opportuna sede la nostra Società Medica. Lungo il lato orientale del palazzo universitario fu ricavata una nuova aula destinata specialmente alle lezioni e alle esercitazioni della storia della musica (…) La Sovrintendenza ai monumenti ci ha intanto promesso di assumersi il restauro della graziosa cupola centrale settecentesca dell’ex ospedale” (Annuario 1953-54).
Nel novembre 1954 Fraccaro riferisce che “Il lato sulla piazza Leonardo da Vinci è ora interamente restaurato esteriormente e interiormente” (Annuario 1954-55).
L’attività edilizia e i restauri proseguono e il 6 novembre 1958 il rettore, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, precisa che i quattro cortili dell’antica crociera del San Matteo sono stati restaurati e dipinti (Annuario 1958-59).
A questi anni risale una vivace polemica – che accalora gli animi dei cittadini pavesi e che trova spazio sulle pagine del quotidiano locale “La Provincia Pavese” – scatenata nel 1954 dal docente pavese di Storia dell’Arte medievale e moderna Giuseppe Bariola (1873-1956), che accusa pubblicamente il Comune di speculazione edilizia e di voler cedere l’intera area dell’ex caserma Menabrea a privati a scapito della tutela e valorizzazione di una importante area cittadina.
Giuseppe Bariola – che già nel 1932 aveva affrontato il problema delle torri medievali in un saggio apparso in “Ospitalità Italiana” (VI, 1932), poi ripreso dal quotidiano locale l’8 maggio 1954 – propone un progetto di sistemazione di piazza Leonardo da Vinci che prevede l’isolamento delle due torri già dell’ospedale, ben illustrato da un disegno dello scultore pavese Emilio Testa (1906-1985).
Posizione diametralmente opposta è quella di un altro storico dell’arte dell’Ateneo pavese Gaetano Panazza (1914-1996), assistente volontario presso il Gabinetto di Storia dell’Arte Medievale e Moderna dal 1949 al 1951 e direttore dei Civici Musei d’Arte e Storia di Pavia dal 1947 al 1956, contrario all’isolamento delle torri, monumento da tutelare nella sua integrità.
In merito alla sorte delle tre torri medievali che svettano nella piazza, il rettore Plinio Fraccaro precisa “Sto sollecitando i pareri degli Uffici competenti sulla sistemazione dell’edificio sotto lo aspetto architettonico e sulla sistemazione delle torri conglobate nell’edificio, che da tempo si auspica vengano liberate” (Annuario 1958-59).
La proposta del“finissimo conoscitore d’arte” come viene definito su “La Provincia Pavese”, Bariola, sostenuta da Antonio Cederna, Augusto Vivanti, Cesare Angelini, viene attuata solo nel 1958 (nel 1956 nel frattempo Bariola è morto) con la demolizione del corpo di fabbrica ottocentesco, il conseguente isolamento delle due torri e l’apertura della piazza.
Nel 1957 l’Ateneo aveva fatto richiesta al Comune della porzione orientale del fabbricato, quella ottocentesca, che con atto 8 maggio 1958 viene ceduta a titolo gratuito a patto che vengano rispettate alcune condizioni: che l’immobile venga assegnato in perpetuo a sede di uffici, istituti scientifici o collegi dell’Università; che l’Ateneo provveda a sue spese ad arretrare la facciata dell’immobile prospiciente su via Defendente Sacchi di almeno 4,50 metri e che garantisca il passaggio pubblico fra piazza Leonardo da Vinci e corso Carlo Alberto attraverso il cortile maggiore detto del Pollack (attuale Teresiano).
Una nuova polemica scaturisce dalla richiesta fatta dal Comune all’Università riguardo all’ampliamento di via Defendente Sacchi, intervento che implica anche la conseguente sostituzione del lastricato che per la particolare disposizione delle beole costituiva un caso unico in Pavia.
Nel frattempo, il 1 novembre 1959 Plinio Fraccaro muore, i lavori dell’ex Ospedale di San Matteo procedono nella direzione tracciata dal rettore sotto la guida del successore Luigi De Caro; l’edificio a est del cortile grande (costruito nella metà dell’Ottocento per ampliare il nosocomio e sistemare la Clinica Oculistica, la Clinica Ostetrico-ginecologica e il Brefotrofio) verrà utilizzato per ospitare il quinto collegio universitario pavese, restaurato dall’Aschieri, inaugurato nel 1963 e intitolato a Plinio Fraccaro.
Si decide di abbattere tutto il fabbricato progettato tra il 1869 e il 1871 dall’ingegner Cesare Dagna che inglobava le due torri medievali, chiudendo a sud il Cortile Grande detto del Pollack. Al suo posto l’architetto pavese elabora negli anni 1959-1960 numerose soluzioni documentate da disegni conservati nell’Archivio Aschieri (presso lo Studio ing. Giampaolo Calvi). In un disegno propone di sostituire il corpo di fabbrica da abbattere (ingresso dell’ex Caserma) con un lungo porticato sovrastato da terrazzo.
Aschieri opterà infine per una cancellata che consente di aprire alla città la grande corte (Cortile Teresiano) e che propone in numerose varianti. La soluzione realizzata consiste in una cancellata in ferro battuto, completata da una sequenza di sei lanterne, caratterizzata da lance apicali e da un decoro a cerchi che verrà ripresa anche nel vicino cancello d’ingresso e nelle inferriate del piano di terreno del futuro Collegio Fraccaro.
All’Aschieri si deve anche la sistemazione dell’area antistante la recinzione e il collegio mediante la creazione di aiuole geometriche tenute a prato, profilate da una fascia con ciottoli e con passaggi lastricati in granito.
Nel gennaio 1960 le torri risultano liberate e il 10 novembre 1962 Luigi De Caro comunica che “Il cortile delle Torri è completato e i cortili interni al palazzo centrali sono stati sistemati”.