Le lapidi dedicate a Maria Pellegrina Amoretti all’ingresso dell’Aula studentesse

Maria Pellegrina Amoretti (1756-1787) è stata la prima donna a conseguire all’Università di Pavia la laurea in “Ragion civile” (Diritto); la terza laureata in Italia, dopo Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (1646-1684), laureatasi in Filosofia a Padova nel 1678 e Laura Maria Caterina Bassi Veratti (1711-1778) in Scienze e Filosofia a Bologna nel 1711, ma la prima donna a conseguire la laurea in Legge in Europa.

La giovane ha 22 anni, è minuta e slanciata, occhi azzurri e capelli neri, nella sua impresa è appoggiata dal potente cugino, l’abate Carlo Amoretti (1741-1816), erudito, cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro, bibliotecario dell’Ambrosiana e membro di molte accademie che ha intessuto una fitta rete di rapporti per far laureare la cugina.

Dopo aver studiato privatamente, l’11 maggio 1777 l’Amoretti si trasferisce a Pavia accolta dalla nobile famiglia Belcredi per prepararsi a sostenere gli esami universitari d’ammissione: il 12 giugno sostiene una prima prova d’ammissione e il giorno dopo uno scritto; viene dichiarata idonea alla seduta che è fissata per il 25 giugno. La laurea è fortemente sostenuta dal rettore di origini trentine Giambattista Borsieri de Kanilfeld (1725-1785) che arriva alla cattedra di Medicina dell’Università di Pavia nel 1769 e vi rimane per 9 anni, ricoprendo la carica di rettore per tre volte e dal professor Luigi Cremani (1748-1838), docente di Istituzioni criminali presso l’Ateneo pavese dal 1775-1776 e dal 1783 anche di Diritto civile. I due docenti vedono nel conferimento della prima laurea a una donna l’acquisizione di notorietà e di fama per l’Università pavese. Il 25 giugno 1777 si svolge solennemente la seduta di laurea nella sconsacrata chiesa del Gesù, prossima all’Università, destinata alle funzioni del Corpo Accademico e molto capiente per poter accogliere l’ingente mole di spettatori e di curiosi prevista per l’eccezionalità dell’avvenimento: la laurea di una donna. Sono presenti le maggiori autorità del tempo, tra le quali il conte Carlo Firmian, ministro plenipotenziario e governatore generale della Lombardia austriaca, oltre a un migliaio di studenti che si sono trattenuti appositamente in città per assistere a questo evento.

Terminata la solenne ed erudita orazione latina di Luigi Cremani, il docente conferisce alla neo-laureata, secondo il rito, le insegne dottorali in ambo le leggi: il libro prima aperto e poi chiuso, l’anello, la corona d’alloro e la piccola stola, che le due dame madrine, mogli di due professori della Facoltà Legale, la marchesa Maria Ordono de Rosales Belcredi e la contessa Enrichetta Silva Bolognini, le sistemano sulla spalla, fatta a imitazione della così detta “Becca”, l’insegna della Regia Università di Pavia, in raso rosso ricamata in oro con lo stemma dell’Università e le parole: Ob iuris scientiam academia ticinensis dat libens merito. La seduta prosegue per la doctrix con festeggiamenti nei salotti aristocratici di Milano.

La giovane morirà prematuramente nel 1787, lasciando il trattato De iure dotium apud Romanos, pubblicato postumo nel 1788 dal cugino Carlo Amoretti: in realtà l’opera non è di mano dell’Amoretti, ma di Tommaso Nani (1757-1813), l’allievo più illustre di Luigi Cremani (il manoscritto è conservato presso la Biblioteca Universitaria MIC).

L’Ateneo pavese ha dedicato alla giovane laureata due lapidi murate all’ingresso dell’aula riservata alle studentesse nel Cortile Volta.