La Biblioteca Universitaria

La Biblioteca Universitaria deve il suo appellativo ai motivi della fondazione e al servizio che ha svolto fino all’Unità d’Italia quando, passando dall’Università al Ministero della Pubblica Istruzione, diventa biblioteca pubblica statale.

Nel 1975 le biblioteche statali sono inserite nel Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e così il patrimonio bibliotecario viene considerato anche un “bene” culturale, cioè un valore storicamente significativo, da conservare, valorizzare, tutelare e restaurare, se necessario.

Mutati dunque i rapporti con l’Ateneo, sia sotto l’aspetto istituzionale sia sotto quello culturale, l’Istituto continua a funzionare in autonomia nel palazzo universitario.

La fondazione

La Biblioteca è una grande novità nella storia culturale di Pavia perché, dopo il trasporto a Parigi della raccolta di codici riunita nel Castello dai Visconti e dagli Sforza, e dopo la dispersione delle biblioteche monastiche, a metà del Settecento la città sembrava priva di libri.

È allora che l’imperatrice Maria Teresa inserisce il progetto di una grande biblioteca nell’ambito della radicale riforma e ricostruzione dell’Università.

L’atto istitutivo è del 1754 ma solo nel 1763 il matematico Gregorio Fontana, primo “bibliotecario” (cioè direttore) comincia ad attuare le disposizioni imperiali facendo raccogliere i libri già disponibili presso il Collegio Ghislieri, dove la nuova Biblioteca comincia a funzionare nel 1772.

Intanto nel palazzo universitario proseguono i lavori per completare l’ala ovest. Nel grande salone che occupa tutto il piano superiore occidentale, la Biblioteca universitaria ha la sua sede ufficiale e definitiva nel 1778, con il nome di “Imperial Regia Biblioteca Ticinese”, e comincia a essere aperta al pubblico nel giugno 1779.

I locali

Il salone (detto “Teresiano” in onore della fondatrice) è dotato di monumentali scaffali lignei coronati da cimase che incorniciano le tabelle indicanti le dieci “classi” di materie nelle quali erano in origine suddivisi i libri, che ben presto li riempiono. Alla scarsità di spazio si fa fronte con una graduale espansione che procede insieme al completamento del palazzo universitario: nel 1788 viene aggiunto il corpo occidentale del Cortile delle Statue; nel 1820-21 l’ala contigua, detta del Leano. Negli stessi anni il salone è collegato alle altre sale con un atrio ottagonale che si affaccia sullo scalone d’onore. Con la radicale ristrutturazione del 1937-38 si arriva all’assetto attuale: al primo piano quattro sale per la lettura, ai piani superiore e inferiori i magazzini librari.

Dotazione libraria

Dopo i circa diecimila volumi provenienti dal Ghislieri, rapidamente il patrimonio librario viene accresciuto dall’efficiente governo asburgico: arrivano dapprima molti dei doppi della Biblioteca di Vienna e della Braidense di Milano, poi la biblioteca della Facoltà teologica e alcune collezioni private, mentre l’aggiornamento è assicurato dal “diritto di stampa” cioè dalla consegna obbligatoria della produzione dei tipografi pavesi.

Fin dall’inizio però la maggior parte dei libri viene acquistata, con criteri che sono variati nei secoli secondo la politica culturale dei governi che si sono succeduti. Con il passaggio all’amministrazione statale, la Biblioteca si rivolge anche a un pubblico più vasto e meno specialistico estendendo sempre più il patrimonio librario verso le materie umanistiche.

Strumenti fondamentali sono i cataloghi: nei primi decenni viene impostato un catalogo “sistematico” funzionale all’insegnamento universitario; dal 1844 inizia la compilazione di un catalogo generale, prima a registro, poi a schede.

Dal 1989 vengono automatizzati i servizi di catalogazione, prestito, acquisizione, nel quadro del sistema informatico del Servizio Bibliotecario Nazionale.

Il patrimonio attuale (2019) della biblioteca è di circa 510.000 volumi e opuscoli e di oltre 6.600 testate di periodici (tra chiusi e in corso).

Importanti sono i manoscritti, distinti in due fondi: Aldini (dal nome dello studioso al quale si deve il primo nucleo), che raccoglie 582 codici dal secolo XI al XVIII; Ticinesi (comprendente in massima parte opere riguardanti Pavia e il territorio): 821 tra codici e faldoni di carte sciolte; insieme ad essi sono giunti alla Biblioteca oltre 1.000 pergamene (in maggioranza dei secoli XII-XV) che costituiscono una vera sezione archivistica.

I rapporti con l’università

Ai primordi il “bibliotecario” responsabile era scelto tra i professori universitari, e dava alla Biblioteca un indirizzo culturale al servizio soprattutto dei docenti e degli studenti con un’impronta scientifica, illuministica e internazionale, ma l’accesso era consentito anche ai privati cittadini. In seguito i direttori “statali” hanno piena libertà amministrativa ma anche minori stimoli culturali: si avvicendarono funzionari esterni ed eruditi locali, grazie ai quali la Biblioteca conquista una certa rinomanza cittadina.

Con il passaggio allo Stato, il rapporto con l’Università non viene reciso, ma è sempre più ridotto sia per l’autonoma gestione amministrativa e finanziaria, sia perché lo scopo di formazione culturale aperta a tutti i cittadini accosta alla specializzazione scientifica un’apertura all’alta divulgazione.

Oggi le relazioni con l’Università rimangono attive: la Biblioteca custodisce importanti documenti sulla storia dell’Ateneo, offre costantemente il Salone Teresiano (che ha perso la sua funzione di sala di lettura generale) come ambiente solenne per incontri che spesso sono iniziative dell’Università: conferenze, convegni, mostre, recital, concerti.

A fronte di questa frequentazione animata e pubblicizzata, i servizi bibliotecari veri e propri sono meno utilizzati di un tempo a causa di un diverso modo di studiare (favorito dalla sempre maggiore disponibilità di informazioni online) meno incline al lavoro metodico e prolungato che creava l’atmosfera delle grandi biblioteche.

Cesare Repossi